Ringraziamo Anna Schgraffer per questo contributo offerto al nostro blog.

Claudia von Werlhof è una professoressa emerita di Scienze Politiche presso l’Università di Innsbruck. Ha partecipato alle iniziative della Scuola di Bielefeld dal 1975 al 1986, dove ha sviluppato la Teoria Critica del Patriarcato. Durante quegli anni, la Ricerca delle donne all’interno delle istituzioni accademiche ha aperto nuove prospettive sulla questione dell’oppressione patriarcale e sulla liberazione di tutta l’umanità. Lei è fondatrice della prima cattedra austriaca della Ricerca sulle donne. Tuttavia, con l’avvento della globalizzazione, l’accademia ha preferito sostituire questa ricerca con gli Studi di Genere e l’”ideologia gender”. Werlhof, al contrario, ha radicalizzato la sua impostazione ecofemminista fondando il FIPAZ, un Istituto di Ricerca per la Critica del Patriarcato e le Civiltà Alternative. Questa è stata solo la prima di molte altre iniziative.
Le sue tesi nel frattempo si sono sviluppate, ampliate e approfondite al punto da arrivare a elaborare una completa, originale teoria sociale, con molti interventi da attivista impegnata calati interamente nel vivo dell’attualità politica, economica, sociale contemporanea. In Italia nel 2014 è uscita un’antologia di sette suoi scritti a cura di Bruna Bianchi dell’Università di Venezia (Nell’età del boomerang. Contributi alla Teoria Critica del Patriarcato, ed. Unicopli).
Nell’intervento qui presentato si espone una versione molto sintetica della teoria sociale che interpreta il patriarcato come una civiltà per sua natura votata al fallimento e all’autodistruzione. Si tratta di un contributo al Convegno internazionale della “Freie Linke” a Vienna, svoltosi nel maggio 2023. Le danze del dibattito sono aperte…
La crisi e il capitalismo. La crisi del capitalismo
di Claudia von Werlhof
(Meeting Internazionale di Vienna, 27-29.5.2023. Sessione serale del 27.5.2023).
Nella seconda “Grande Trasformazione” l’utopia del capitalismo come mondo del Padre – ovvero il Nulla del patriarcato – è vicina!
La rivoluzione dall’alto
Noi ecofemministe avevamo già analizzato decenni fa i limiti del capitalismo globale. E abbiamo indicato la via d’uscita, cioè l’economia e la cultura di una prospettiva di sussistenza egualitaria postcapitalista emergente dalla periferia, dal Sud globale (Bennholdt-Thomsen, Mies, Werlhof 2001). Oggi invece stiamo sperimentando l’inizio di una nuova politica globale che mira a trasformare la civiltà attuale in una misura che ricorda la prima “Grande Trasformazione” (Polanyi) dal medioevo all’epoca moderna, dal feudalesimo al capitalismo. La Seconda Grande Trasformazione di oggi comunque non ha niente a che vedere con una svolta verso rapporti sociali postcapitalisti, sebbene faccia uso di molti concetti come “green”, ecologico o alternativo nel senso di non più orientato alla crescita. Il presente processo di trasformazione tuttavia non è stato pienamente descritto né analizzato, per non parlare del ruolo e del futuro del capitalismo che contiene.
La Seconda Grande Trasformazione include innanzitutto politiche di una drastica riduzione della popolazione a livello mondiale, come già raccomandato dal Club di Roma nel libro I limiti dello sviluppo del 1971, e oggi di nuovo da Dennis Meadows, uno dei suoi autori principali nonché membro del Forum Economico Mondiale a Davos. Meadows si esprime apertamente in favore della scomparsa dell’86% della popolazione mondiale, cioè 6 miliardi di persone (Meadows 2022)!
Che incredibile dichiarazione di guerra e di violenza, disprezzo e odio, di fallimento e bancarotta da parte di coloro che hanno potere sui risultati del sistema che essi stessi hanno costruito negli ultimi 500 anni, il moderno sistema mondiale, conseguenza della Prima Grande Trasformazione!
Così proprio loro, paradossalmente, definiscono “nemico comune dell’umanità” non se stessi, ma noi, il popolo (Engdahl 2023, p. 2), al punto da far sembrare che non ci sia altro modo per uscirne che eliminare noi dal pianeta!
Logicamente è dunque previsto che subentri una de-industrializzazione su vasta scala, in modo che il consumo di risorse cali drasticamente. La crescita illimitata, una delle principali questioni del capitalismo, oggi dev’essere limitata, poiché le risorse sono limitate su un pianeta limitato. Non c’è da stupirsi; ma le conseguenze da delineare potrebbero essere di natura totalmente diversa, per esempio – come abbiamo proposto – l’abolizione del capitalismo e la svolta in direzione di una società alternativa postcapitalista. E cosa se no?
Il nuovo progetto di decrescita, comunque, si basa sull’assunto di una cosiddetta crisi climatica causata dal CO2, il diossido di carbonio o anidride carbonica, emesso dalle industrie tradizionali tramite l’uso di combustibili fossili. L’asserito pericolo del CO2, tuttavia, è un mito inventato e sostenuto dal medesimo Club di Roma, dalla Conferenza ONU di Rio del 1992 e dall’Agenda ONU 2010 – 2030, e infine dall’IPCC, International Panel on Climate Change. Il mito del CO2 può essere usato alla perfezione come pretesto universale in grado di legittimare una sorta di rivoluzione generale dall’alto che conduca al collasso pianificato della civiltà moderna dal punto di vista economico, tecnologico, politico, sociale, psicologico e infine ideologico, morale ed etico. Sarebbe seguito da una politica “alternativa” invertita, green e sostenibile, di un nuovo sistema globale, che si presume sia necessario in vista di quella che è chiamata una prossima catastrofe climatica. La quale – se accadesse – non avrebbe comunque proprio niente a che fare con il CO2, bensì con gli effetti di decenni di guerre che si sono succedute nel tempo, causate da tecnologie di geoingegneria militare messe in atto ma sempre negate (Bertell 2020; Werlhof 2021).
C’è bisogno di un’ulteriore analisi allo scopo di definire questo processo nel suo più ampio contesto storico e nelle sue dimensioni e, cosa più importante di tutte, rivelare il suo vero scopo, poiché non esiste nessuna alternativa a esso!
Il processo di cambiamento globale dall’alto ha cominciato a essere percepito in modo diretto tre anni fa, con l’inizio dell’emergenza sanitaria (quella del “Coronavirus”) che ha messo fisicamente sotto attacco l’umanità su scala mondiale, trattandosi di una sorta di biopolitica (Foucault) praticata dalla maggior parte dei governi a livello globale, in accordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS – WHO), che oggi dovrebbe esser chiamata World Death Organization, WDO, Organizzazione Mondiale della Morte, echeggiando l’informazione integrativa fornita da Michael Yeadon, ex-Vice-Presidente Pfizer (Yeadon 2023). Al momento l’OMS, in quanto organizzazione a finanziamento principalmente privato, sta cercando di diventare lo strumento base di un “New World Order“, un “Nuovo Ordine Mondiale”, e sta cercando di cancellare nientemeno che il concetto di diritti e di dignità umani dalla dichiarazione della sua missione (Behrendt 2023). Questo, in realtà, è semplicemente logico se consideriamo il ruolo svolto nella crisi del Coronavirus e la sua agenda attuale.

Nel frattempo le iniezioni praticate in tutto il mondo e passate sotto il nome di vaccino contro il Covid-19 sono state somministrate a 5 miliardi di persone, e includevano una trasformazione genetica dei corpi delle persone. Comunque, non c’è stato alcun “consenso informato” relativo a questo trattamento, poiché era basato su un’arma biologica sviluppata dalla DARPA, il laboratorio di ricerca del Pentagono (Latypova 2023, e Bhakdi, Coleman, Kaufmann, van den Bosschen), perciò in contrasto con le norme del Codice di Norimberga del 1947 (Sopravvissuta all’olocausto, Sharav 2023: “Never again is now global!”). E così ora si comincia a osservare nel mondo intero un crescente aumento di mortalità correlata alla diffusione della “vaccinazione”.
Durante i lockdown il Big Capital, specialmente Pharma, Finanza e Tecnologie Digitali hanno raddoppiato i propri profitti (Chossudovsky, E. Wolff), mentre piccole e medie imprese gettavano la spugna. Si è aggiunta poi una crisi energetica, seguita dall’inflazione, e il sostegno finanziario e militare all’Ucraina nella sua guerra con la Russia che comporta l’impoverimento della sfera pubblica e altro ancora.
Mentre le energie fossili saranno proibite, le cosiddette energie alternative, rinnovabili, non sono ancora disponibili in quantità sufficienti, e/o non ci saranno mai nella misura di cui ci sarebbe bisogno, poiché le materie prime necessarie si esauriranno (litio, terre rare, uranio), mentre la nuova rivoluzione industriale, la quarta, prevede una nuova crescita del fabbisogno energetico del 70%, basata sulla digitalizzazione di tutto. In altre parole il nuovo sistema energetico in realtà potrà funzionare solo se la maggior parte di noi non ci sarà più!
Le nuove politiche sono chiamate “Green New Deal” e “Great Reset“, e sono portate avanti da qualcuno molto, molto al di sopra delle nostre teste (Rifkin; Schwab/Malleret). Questi non hanno in mente di ritornare ad alcunché di normale, bensì di andare verso una cosiddetta “nuova normalità”, tramite la prevista fine delle industrie tradizionali, della proprietà privata, del denaro contante o anche tramite la fine dell’Homo sapiens maschio e femmina, estinguendoli o trasformandoli entrambi in trans o post-umani, “fusi” con macchine presunte intelligenti o altre macchine, come l’Internet of Things (Internet delle Cose) o l’Internet of Bodies (Internet dei Corpi). Così il proletariato sta per essere abolito nello stesso modo in cui è stato creato: con la forza.
La fine del capitalismo?
Ci sono analisti che stanno interpretando complessivamente questi cambiamenti come la fine del capitalismo, come un “nuovo feudalesimo” o come la via al “socialismo” e al comunismo.
Io penso comunque che stia accadendo qualcosa di molto differente. Penso che invece ci stiamo approssimando alla piena realizzazione di una civiltà che io chiamo “patriarcato” e alla sua utopia, la megamacchina! (Werlhof 2011)
Il capitalismo è inserito all’interno della civiltà patriarcale
Il capitalismo è stato perlopiù definito in un modo abbastanza riduttivo e questa definizione non può spiegare il suo ruolo e il suo futuro rispetto a quanto sta accadendo ora.
È mia la tesi secondo cui bisogna comprendere il capitalismo come parte di un sistema più vasto: la nostra civiltà. D’altra parte, questa civiltà non si caratterizza a sufficienza definendola solo come “moderna”, il “moderno sistema mondo” (Wallerstein), o “sistema capitalista mondiale”.
Una volta che abbiamo definito questa civiltà in un modo appropriato, includendo la sua storia, possiamo vedere la sua relazione con il capitalismo. Saremo in grado di capire che il capitalismo non è indipendente da essa, ma è esattamente il risultato di questa civiltà più antica di lui, e ne assume al meglio le caratteristiche. Mentre il capitalismo oggi ha circa 500 anni di età, la civiltà a cui appartiene ne ha circa 5000: il suo nome è patriarcato (Gimbutas).
Il patriarcato, un mondo fatto dall’uomo (maschio)
Il patriarcato come civiltà dev’essere spiegato più ampiamente, poiché in un tempo di guerra dell’informazione tutti i concetti vengono fatti a pezzi e non possono essere compresi nel loro reale significato.

“Il nucleo centrale non riconosciuto della crisi. La modernità e la mal-creazione del mondo al maschile, ovvero l’esaurimento totale del mondo.”
Patriarcato significa molto più del semplice “dominio maschile”, poiché ha sviluppato un’utopia basata nientemeno che sul sovvertimento dell’ordine naturale. Da circa tre millenni la civiltà del patriarcato cerca di realizzare questa utopia, questo progetto di creare un mondo fatto dal padre o dal maschio. Si suppone che questo nuovo mondo sia un mondo di padre/pater/father e archè, che significa origine, dunque grembo. Questo progetto è utopico in quanto il mondo naturale è organizzato nel modo opposto, e cioè è un mondo fatto dalla madre e dalla natura, un mondo in cui si entra nascendo. Questo è da sempre l’ordine del nostro Pianeta. Quindi, l’intento di sovvertire quest’ordine, non solo ideologicamente ma anche nella pratica, ha avuto bisogno di precisi presupposti per svilupparsi, poiché per tutto il tempo passato si riteneva controproducente misurarsi con Madre Natura anziché cooperare con lei e comprenderla; lei elargiva latte e miele, vita e abbondanza a tutti e assicurava la continuazione di questa vita tramite la femmina, la donna e la madre e la loro cultura.
Questa specie di Età dell’oro presente in tutto il mondo con le civiltà matriarcali – vocabolo che deriva da madre/mater/mother e archè, il grembo, che significa anche “all’inizio la madre” (Göttner-Abendroth) – è durata a lungo, fino a quando è comparso il suo opposto, un violento patriarcato che iniziò a sovvertire l’ordine naturale e la relativa cultura. La storia del patriarcato dice infatti che in realtà la natura stessa vuole che gli uomini maschi creino la vita e il mondo in generale e anche se le donne sarebbero state le prime a farlo, fallirono rimanendo a un livello primitivo: non erano abbastanza buone per la natura e per Dio, definito sempre come “Padre” in quanto presunto Creatore di tutto. Seguire la nuova “vera” natura perciò significò, da quel momento in poi, cominciare a inventare una contro-natura, una non-natura, un’anti-natura, una natura al di là della natura, una natura migliore, o una cosiddetta seconda natura – che sarebbe stata esattamente l’opposto della prima: in una parola, una natura maschia. Solo questa natura era da rispettare e considerare buona, perfetta, una natura nel nome di Lui, nel nome di Dio, il Padre, o Colui che governa.
Perché mai emerge questa idea folle – che pare si cerchi di realizzare solo oggi – accompagnata da una guerra contro tutta la vita, le madri, le donne, tutti noi e anche la Terra stessa come pianeta?
Patriarcato e guerra – l’inversione delle tecniche
L’idea che l’origine sia il padre invece della madre cominciò a svilupparsi con la guerra come risultato di “migrazioni catastrofiche” provocate da grandi catastrofi climatiche in Asia, migliaia di anni fa. E la guerra fu dapprima inventata come un mezzo di predazione, conquista e sottomissione di altri. Alla fine creò lo Stato, la nuova forma di organizzazione sociale dopo la conquista.
Fu solo 6000 anni fa che la guerra come principale invenzione del primo patriarcato cominciò a distruggere il mondo, e ciò è molto visibile a partire dall’Età del ferro, nel II millennio a.C. La guerra è ancora la sua principale invenzione e col tempo si è evoluta in guerra mondiale contro ogni cosa, tutta la vita, le piante, gli animali, e in ultimo contro l’essere umano in quanto tale. Questa è la più recente invenzione del patriarcato: il progetto di abolire l’Homo sapiens e la stessa umanità, dando al progetto il nome di “umanità aumentata” e di evoluzione superiore! Tutto questo perché il patriarcato, in quanto civiltà e all’interno della sua propria logica, è di fatto inteso a mettere fine in tutto e per tutto alla civiltà basata sull’essere umano.
La guerra è una tecnologia della distruzione, ed è la tecnologia del patriarcato, anche in tempo di pace. È il metodo per mettere tutto sottosopra, per rovesciare tutto. Ciò è esattamente quello di cui ha bisogno il patriarcato allo scopo di avvicinarsi a realizzare la sua utopia: una creazione maschile del mondo.
Le tecniche patriarcali sono state spesso sviluppate sulla base di altre tecniche che appartenevano alle antiche matriarchie, che furono oggetto di conquista da parte dei guerrieri patriarcali. Ho scoperto che una cosa molto importante per lo sviluppo delle tecniche patriarcali è stata l’antica alchimia, la prima “madre di tutte le scienze”, ma sotto il patriarcato anche il cosiddetto ermetismo del periodo ellenistico dell’antico Egitto, per esempio.
L’alchimia una volta si basava sulle tecniche delle coltivatrici, madri e donne sapienti e uomini impegnati a proteggere e permettere lo sviluppo di tutta la vita. Dopo la conquista se ne impadronirono i conquistatori che in Egitto divennero i Faraoni, che significa i Padri. Costoro rovesciarono queste tecniche nel loro opposto allo scopo di produrre risultati opposti, cioè una vita fabbricata dall’uomo maschio (Werlhof 2023).
Una nuova alchimia e l’invenzione della moderna tecnologia. La macchina come nuova “vita”
È stato un processo storico di migliaia di anni di tentativi ed errori, finché il metodo di un’alchimia patriarcalizzata per produrre l’Oro e la Vita apparve in Europa durante il Rinascimento e anche prima.
Quest’alchimia invertita cominciò a diventare parte delle emergenti scienze naturali e con esse del capitalismo. E così la scienza moderna si è sviluppata sulla base dell’alchimia patriarcale “ermetica”, e ha portato l’alchimia al suo primo apparente successo storico con l’invenzione della macchina – il reale opposto della natura, della vita naturale e di una madre che dà alla luce – affermando che la macchina è una natura che offre una vita migliore e superiore!
Dal mio punto di vista, la macchina può essere considerata come il risultato più tipico dell’applicazione del metodo alchemico trasformato in modo patriarcale che consiste in tre passi: 1) la cosiddetta mortificazione della materia vivente, ad esempio la sua morte o dissoluzione, dissezione o smembramento; 2) la sua nuova coagulazione con altre materie per formare il cosiddetto Opus Magnum, o Grande Opera, la nuova creazione, e 3) l’invenzione e l’applicazione della cosiddetta Pietra filosofale, un elisir o un mezzo generale che si suppone garantisca ovunque il successo e la velocità del processo di creazione, che dunque non avrebbe più bisogno di migliaia di anni per raggiungere un altro stadio di “evoluzione” presunto superiore. La Pietra filosofale del capitalismo radicato nel patriarcato oggi è la macchina, e quella della macchina è l’energia! La questione dell’energia quindi è assolutamente centrale nel presente e nel futuro, perché senza di essa la macchina non va, e quindi non “vive”.
Il carattere distruttivo del patriarcato capitalista e la megamacchina
Seguendo la logica patriarcale, i prodotti della moderna alchimia sono stati presentati come il meglio della natura e anche come l’invenzione stessa della vita, come se la scienza moderna avesse fatto qualcosa che nessuno avrebbe mai osato fare prima: dal XVI secolo in avanti ha negato l’esistenza stessa della vita, dichiarando che la natura sarebbe materia morta e definendo ciò che a quanto pare è vivo come il semplice risultato di meri processi fisico-chimici.
In questo modo gli scienziati possono distruggere la natura a piacimento senza che si dica che sono degli assassini, dato che la natura si suppone sia già morta in partenza. Il colmo secondo questa logica è che quegli scienziati potrebbero affermare che le loro invenzioni sono differenti, e cioè che sono vive!
Ma se la morte tramite mortificazione è la base della produzione di ogni cosa, è ovvio che tanta violenza facilita la constatazione che oggi ogni cosa sta venendo distrutta anziché essere viva. La ragione della cosiddetta “morte della natura” (Merchant) ovviamente non è mai stata riconosciuta. Il capitalismo invece si rivela essere un “kaputt-alismo”, un distruttore, dato che questo metodo era ed è applicato non solo nei laboratori, ma anche nelle fabbriche, ed è stato usato ovunque: nell’educazione e nella scuola, nella politica, nella famiglia, in ogni sorta di istituzione (Illich).
La Santa Inquisizione per esempio ha potuto torturare e bruciare sui roghi donne vive dichiarando che erano cattive e malvagie per natura, e preparando grazie a questa forma di mortificazione le condizioni per la comparsa di una nuova natura femminile che poté essere addomesticata, resa obbediente così da essere considerata una femminilità migliore. Questo ideale alchemico fu poi realizzato sulle casalinghe, prive di retribuzione, e sulle madri del proletariato capitalistico, contribuendo con una sorta di continua accumulazione originaria imposta a forza con la mortificazione (Werlhof 2015) all’accumulazione di capitale in generale.
Fu così che, quando inventarono la macchina allo scopo di rimpiazzare la natura vivente e la gente (Werlhof 2004), gli scienziati e gli ingegneri proclamarono di aver creato la vita stessa, come fossero Dio, semplicemente affermando che la macchina era viva. Una mera tautologia! Dissero di essere loro stessi i creatori della vita, visto che dal loro punto di vista non esisteva nessuna vita prima che fosse inventata la macchina. È questo il vero “mito” della macchina (Mumford).
L’intera storia della macchina a partire dal XVIII secolo è accompagnata dall’idea e dal desiderio di vederle “aprire gli occhi” e dare prova della sua consapevolezza come essere cosciente, avendo sviluppato contemporaneamente uno spirito e anche un’anima. Oggi a essere ritenuta viva e anzi il miglior essere vivente è la AI, intelligenza artificiale, più intelligente di un essere umano, praticamente immortale, una vita al di là della carne e della morte.
L’utopia patriarcale consiste nel trasformare l’intero mondo in un’unica macchina, la megamacchina (concettualizzata per primo da Mumford) concepita come sostituto della natura in quanto tale. Ed è il capitalismo che aveva e ha bisogno di realizzarla! Senza capitalismo il patriarcato non sarebbe stato capace di avvicinarsi sempre più alla sua utopia. D’altra parte senza patriarcato il capitalismo non avrebbe avuto la visione e il progetto, il perché e il percome per trasformare tutta la natura in capitale – essendo il capitale per definizione l’invenzione patriarcale di una natura e di una vita migliori. È per questo che la sinistra ha creduto nel progresso e nello sviluppo, e in generale non si è impegnata né sulla questione ecologica e della Morte della Natura (Merchant), né nel femminismo inteso come critica del patriarcato.
Se non ci fosse stato il patriarcato, il capitalismo si sarebbe fermato col mercantilismo, e non avrebbe inventato la macchina come forma del capitale che realizza l’utopia patriarcale più di altre forme come in generale le merci e il denaro. Infine, il capitalismo forse non avrebbe distrutto il mondo vivente applicando l’alchimia come metodo di creazione derivante dalla distruzione (Werlhof 2013), servendosi a tale scopo del proletariato. E comunque tutto questo non possiamo saperlo, visto che non ci sarebbe capitalismo senza patriarcato e non ci sarebbe moderno patriarcato senza capitalismo! Sono come una sorta di coppia di gemelli siamesi della modernità.
Il patriarcato è religione, ideologia, teoria e “struttura profonda” della nostra civiltà e il capitalismo/socialismo è diventato la sua forma e la sua pratica, basate sulla tecnologia di un’alchimia patriarcalizzata e modernizzata.
La megamacchina e il transumanesimo di una dittatura tecnocratica “divina”




Per la prima volta nella storia il patriarcato con l’aiuto del capitalismo è vicino alla sua perversa realizzazione – l’utopia della megamacchina – in cui le forme capitaliste della macchina e del comando si fondono a costruire una tecnocrazia (Wood 2022) e quindi una dittatura tecnocratica, se non addirittura il totalitarismo propriamente detto (Knobloch. Film).
Oggi si scopre che la megamacchina è un insieme/sistema che comprende vita naturale, vita non tanto naturale, vita artificiale, umani, non umani, transumani e macchine mescolati assieme come macchine viventi/ vita della macchina.
Tutti i transumanisti fingono che gli umani abbiano bisogno di fondersi con la macchina, con il computer – l’Internet delle Cose e l’Internet dei Corpi – per essere elevati al nuovo livello di evoluzione e diventare il cosiddetto Homo Deus (Harari), qualcosa come un Dio umano che sarebbe parte e ingranaggio del Dio-Macchina, nientemeno che l’Universo stesso… Wow!
Che altro è stato creato dai Padri? Chimere, cyborg, “esseri… senzienti”, come li chiamano i transumanisti, vita creata dal Big Melting Pot di atomi, molecole e DNA di tutti i tipi di creature, piante, animali, umani e AI… sulla via di una Seconda Creazione senza madri, prodotta dalla convergenza delle nuove tecnologie della Quarta Rivoluzione Industriale, ingegneria genetica, biologia sintetica, AI, nanotecnologie e controllo mentale come parte di nuove tecnologie elettromagnetiche, delle quali fa parte anche la già menzionata geoingegneria.
La Quarta Rivoluzione Industriale sta quindi per riempire il mondo con i suoi prodigi alchemici, basati sulla mortificazione di tutta la materia fin dentro alla sfera della meccanica quantistica, e per questa via verso nuovi immensi profitti, finché tutta la vita naturale sarà contaminata e consumata dalla trasformazione, e/o il cosiddetto Green o Grey Goo (Poltiglia Verde o Poltiglia Grigia) sarà la fine di tutte le cose, lasciandoci alle prese con un possibile Omnicidio – che include l’Ecocidio, il Genocidio, il Femminicidio, il Matricidio e non solo. Ma prima ci sarà il caos che i “Padri del nulla”, come li ho chiamati (Werlhof 2023), avranno prodotto.
Sintesi e conseguenze
Il capitalismo ha servito il patriarcato in quanto civiltà che ne aveva bisogno e pertanto l’ha inventato allo scopo di produrre un nuovo Mondo, quello dei Padri, che si è rivelato essere il mondo della macchina, fatto per rimpiazzare e creare la vita, e della megamacchina, cercando di sostituire l’uomo, la madre, la natura e la società, e anche la civiltà nella loro essenza.
Un capitalismo – o socialismo – non patriarcale non è mai esistito. Ciò che occorre oggi è l’adattamento finale del capitale alle nuove condizioni create in 500 anni che non permetteranno a 8 miliardi di persone di continuare a vivere, grazie all’attuale presupposto dei “limiti dello sviluppo”, devastando risorse finite e consumandole. Le masse proletarie che sono state usate per creare capitale dalla natura e trasformarlo nella fabbrica non sono più necessarie, anzi al loro posto sta subentrando la macchina nelle sue varie forme e in generale come feticcio. I proletari e le donne come casalinghe e madri di proletari, che col lavoro non retribuito loro imposto aggiungono una quantità di accumulo di capitale mai calcolato, non hanno più importanza, cosicché possono essere lasciate perdere, diventare gender o trans… transumane. Ma il capitale nella sua forma di macchinario è diventato centrale, incluso il capitale come Comando, mentre il capitale come denaro e merce in generale così come la libera impresa non sono più essenziali. In questo modo il capitalismo è ridotto e trasformato, ma salvo, e si sta adattando alla nuova fase della civiltà patriarcale che nel suo processo storico più a lungo termine e nelle sue dinamiche sta andando sempre più vicino alla sua realizzazione finale, la pura megamacchina del patriarcato, il “sistema alchemico della guerra”, come lo chiamo io.
Ogni cosa è stata sovvertita. Il ribaltamento è stato completato, tutta la creazione è costruita sulla distruzione. Il risultato è la trasformazione di ogni cosa in arma (weaponisation of everything), anche della donna, dell’uomo e della vita. La guerra è ora la paradossale condizione generale, la “pura guerra” come la chiama Paul Virilio (Virilio/Lothringer 1984).
Dopo aver raggiunto la cosiddetta “Singolarità” (Kurzweil), si ritiene che la megamacchina diventerà il nostro ambiente naturale che si presume sarà più elevato, sempre che siamo sopravvissuti al massacro e abbiamo ancora una coscienza umana che ci permetta di percepirlo.
Joseph Weizenbaum, il co-inventore austro-tedesco esperto presso il MIT di sistemi di AI, disse nel 2008: “Se la Quarta Rivoluzione Industriale sarà realizzata, i viventi invidieranno i morti”.
La distopia capitalista patriarcale e le sue ragioni sono collettivamente inconsce. La credenza generale nei prodigi alchemici ancora prevale.
Ma ora, comunque sia, è arrivato il momento della verità.
Progresso e sviluppo capitalista? Cecità verso l’Apocalisse (Apocalypse-blindness), come la chiamò Günther Anders? Feticismo della macchina? Digitalizzazione? Nichilismo? Necrofilia? Omicidio di massa? OMNICIDIO!
No, grazie! Rimettiamo il mondo con i piedi per terra e a testa in su! Un mondo postcapitalista non è abbastanza, dev’essere anche un mondo post-patriarcale, è ovvio!

L‘immagine della dea Kyldisin, la dea orsa d’oro del Perm (Russia centrale), arrabbiata con i conquistatori patriarcali. Claudia von Werlhof l’ha scelta per illustrare il suo appello Planetary Movement for Mother Earth.
